Umami in salsa di pomodoro concentrata

Umami: scopri il quinto gusto! È anche italiano.

La chiave del successo della cucina giapponese? L’umami! 
Un gusto che esiste anche nella cucina italiana: se impari ad usarlo potrai mangiare saporito anche usando poco (o niente) sale. 

Scopri cos’è l’umami e perché mangiare saporito ti fa bene!

Cos’è l’umami
Sesto gusto o quinto gusto?
Dove si percepisce l’umami, sulla lingua e nelle papille gustative
Dove si trova l’umami – in quali cibi?
Umami nei cibi asiatici
Umami nei cibi italiani
Glutammato naturale e artificiale
Umami e salute

Conoscevi il gusto umami? Sapevi di poterlo trovare anche nella cucina italiana? Ti aspettiamo nei commenti!
 

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Daging Berenpah: stufato di vitello con salsa di soia, piatto umami tipico della Malesia. Foto: Chris Ralston via Pixabay
 

Cos’è l’umami

L’umami è uno dei 6 gusti fondamentali percepiti dalle papille gustative umane, insieme a dolce, salato, amaro, acido e grasso. È dovuto alla presenza di glutammato, sostanza naturalmente presente in alcuni alimenti.
 

Umami  (旨み、旨味、うまみ): parola giapponese che significa saporito o sapido.

Gusto saporito… cioè?

Pensa a quei sapori forti che danno una scossa alle tue papille gustative, simili al salato ma più complessi, tipici dei prodotti molto stagionati o cotti a lungo: il parmigiano, i funghi secchi, il concentrato di pomodoro.

Sapore di brodo, si dice anche spesso per definire l’umami.

Spiegare i sapori a parole è difficile e spesso si fa appello alla composizione nutrizionale degli alimenti. Questa la definizione dell’Umami Information Center:
 

Umami = Gusto sapido piacevole che viene dal glutammato e da diversi ribonucleotidi, tra cui inosinato e guanilato, che si trovano naturalmente in carne, pesce, verdura e prodotti lattiero caseari.

L’umami è insomma il gusto del glutammato monosodico, naturale o artificiale che sia. Un sapore con cui abbiamo tutti a che fare sin dalla nascita: il latte materno è ricco di glutammato!
 

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Cosa c’è di più saporito della salsa di soia?? Acquistatene una buona, senza glutammato aggiunto. Se fatta fermentare a dovere non ne ha bisogno di nessun insaporitore. Foto: Juangallardosevilla via Unsplash
 

Sesto sapore o quinto sapore?

L’umami è stato il quinto sapore ad essere identificato, dopo i canonici dolce, amaro, aspro e salato di cui ci parlano i libri di scuola, che abbiamo imparato a riconoscere sin da bambini.

Il gusto umami fu scoperto e battezzato nel 1908 da Kikunae Ikeda, professore di chimica all’Università Imperiale di Kyoto (Giappone). Cercando le ragioni scientifiche del forte sapore del brodo di alghe kombu, Ikeda trovò il responsabile: il glutammato monosodico.

Spesso l’umami è chiamato sesto sapore ma noi non siamo d’accordo: l’umami è arrivato prima e si è aggiudicato il quinto posto. Il gusto grasso, che è effettivamente il sesto sapore, è entrato nella lista molto più di recente, grazie ad uno studio della Deakin University di Melbourne pubblicato sulla rivista scientifica Flavour Journal solo nel 2014.
 

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Gochujang, salsa dolce e piccante a base di miso, riso glutinoso e orzo maltato, con tanto peperoncino. Condimento tradizionale della Corea, che rende sapido ogni piatto. Foto: Leeyoping0 via Pixabay
 

L’umami sulla lingua e nelle papille gustative

Nel 2000, quasi un secolo dopo la scoperta dell’umami, l’Università di Miami ha individuato sulla lingua recettori appositi per il gusto sapido.

A voler semplificare molto, possiamo dire che le papille gustative dedicate all’umami si trovano al centro della lingua. Ma non percepiscono il quinto gusto immediatamente, o meglio: la sensazione aumenta dopo un po’ che il cibo è in bocca e dopo la deglutizione. Per questo tanti definiscono l’umami come retrogusto (Tomaso Papi, ricercatore ed esperto di umami).

Arrivando sulle papille, il gusto umami attiva la salivazione e stimola l’appetito. I recettori inviano segnali al cervello, che a sua volta avvisa tutti gli organi coinvolti nella digestione, primi fra tutti le ghiandole salivari e lo stomaco.

Ma recettori per l’umami si trovano addirittura nello stesso stomaco e nell’intestino, forse per allertare gli organi coinvolti nelle fasi successive del processo digestivo!
 

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I funghi shiitake essiccati sono un classico ingrediente delle zuppe giapponesi. Possiedono il quinto gusto un po’ come i nostri porcini secchi. Foto: 6437364 via Pixabay
 

Dove si trova l’umami – in quali cibi?

L’umami si trova principalmente negli alimenti proteici e in molti cibi essiccati e fermentati. Ma si concentra e diventa facilmente percepibile dopo lunghe stagionature, fermentazioni e cotture. Persino il pomodoro diventa molto umami se si fa cuocere tantissimo o si fa essiccare.

Ma questo non vale per tutti i vegetali!

Quando si dice umami si pensa subito alle cucine asiatiche, ma non è certo una loro prerogativa. Esistono tanti alimenti umami anche nella cucina italiana e mediterranea.

Ma esattamente in quali cibi si trova l’umami?
 

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Katsuobushi, tipico condimento giapponese fatto di tonno essiccato e affettato sottilissimo. Molto sapido! Foto: Bigtorica via Pixabay
 

L’umami nei cibi asiatici

Nei piatti asiatici l’umami è particolarmente presente, ma non perché in Asia carne, pesce e verdure siano più saporiti!

Dunque qual è il trucco?

Sono le salse e paste fermentate ricche di glutammato naturale, onnipresenti sulle tavole orientali, che possono essere aggiunte a qualunque piatto conferendogli quella ricercatissima nota di sapidità.

Si ricavano a partire da legumi, cereali o pesci, aggiungendo fermenti che facciano da starter o semplicemente un po’ di salsa già pronta.
 

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Zuppa di miso, piatto tipico di Corea e Giappone. Foto: Earth trip via Pixabay
 

Ma vediamo più nel dettaglio,iniziando dal Giappone, dove l’umami è stato scoperto e usato in modo più consapevole sin dall’inizio del Novecento.
 

Cibi umami in Giappone

•  Alga kombu
•  Katsuobushi (tonno essicato)
•  Funghi shiitake
•  Niboshi (pesciolini essicati)
•  Miso (pasta fermentata di soia e cereali)
•  Salsa di soia, shoyu e tamari
 

Cibi umami in Cina

•  Salsa di ostriche
•  Douchi (fagioli neri fermentati)
•  Jian you (salsa di soia)
•  Furu (fermentato di tofu)
 

Cibi umami in Thailandia

•  Nam Pla (salsa di pesce)
 

Phrik nam pla salsa umami di pesce thailandese
Phrik nam pla è la salsa di pesce thailandese con aggiunta di peperoncini freschi (phrik) e aglio affettati, e succo di lime. Non esiste un pasto thai senza phrik nam pla: praticamente sostituisce il sale. Foto: Northamerica1000 via Wikimedia Commons

 

Cibi umami in Vietnam

•  Nuoc Mam (salsa di pesce)
 

Cibi umami in Malesia

•  Belacan (pasta di gamberetti)
 

Cibi umami in Corea

•  Doenjiang (pasta di soia, miso coreano)
•  Gochujang (salsa di riso, orzo tostato e miso al peperoncino)
•  Jeotgal e Myeolchi-aekieot (conserve di pesce)
 

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Ssaamjang: una salsa fermentata coreana a base di  Doenjiang (soia fermentata) e Gochujang (salsa fermentata dolce e piccante). Una delle basi della cucina coreana. Foto: Leeey via Pixabay
 

Cibi umami in Bangladesh

•  Shutki (pesci essiccati)
 

Cibi umami in Myanmar

•  Ngapi (pasta di pesci e gamberetti)
 

L’umami nei cibi italiani

Anche in Italia puoi trovare l’umami soprattutto nelle conserve: di pomodoro, di pesce e di carne.

Si tratta insomma di un gusto che da sempre fa parte della nostra cucina mediterranea. Si tratta solo di prenderne coscienza!

Già gli antichi romani facevano fermentare il pesce alla ricerca della sapidità e ne ottenevano una salsa liquida chiamata garum.

Forse ora ti verrà in mente qualche altro cibo italiano umami molto simile: la colatura di alici, o anche, perché no, le acciughe o il tonno sott’olio.
 

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Prosciutto crudo: il quinto gusto in un classico italiano. Foto: Chris Ralston via Unsplah
 

E il prosciutto crudo? Potrebbe essere altrettanto delizioso senza quella nota così …saporita? Discorso che vale per tanti salumi. E non è tutto merito del sale, per fortuna!

C’è poi un ingrediente insospettabile che se fermentato o concentrato può diventare super umami: il pomodoro. Per ottenere questo risultato, più lo fai arrostire o fai cuocere il sugo e meglio è.

Un po’ di umami naturale italianissimo e sempre disponibile? I pomodori secchi sono una preparazione abbordabilissima.

E poi come dimenticare i funghi secchi e il parmigiano? Ma anche il pecorino sardo e tutti i formaggi molto stagionati.

La bottarga

Insomma, potremmo quasi essere più umami noi dei giapponesi. Ecco uno schemino per tenerlo bene a mente:
 

Cibi umami Italia

Parmigiano e formaggi molto stagionati
Prosciutto crudo e salumi stagionati
Pomodoro cotto, essiccato o fermentato (passata)
Funghi secchi
Acciughe
Conserve di tonno
Bottarga
Brodo concentrato

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Quinto gusto fatto formaggio: parmigiano! Foto: Rawpixel via Unsplash
 

Glutammato naturale e artificiale

Il glutammato naturale è “un amminoacido, un costituente delle proteine di cui noi, come tutti gli esseri viventi, siamo formati.” (Bressanini, Le Scienze). Per questo lo si trova più facilmente nei cibi proteici.

Il glutammato artificiale è invece comparso sul mercato giapponese nell’anno immediatamente successivo alla scoperta dell’umami. Si produce industrialmente fermentando la melassa e corrisponde all’esaltatore di sapidità E621, tipico additivo da cibo industriale.
 

(Naturale o artificiale)
Glutammato di sodio = sale monosodico di glutammato = glutammato di sodio = MSG

 

(Artificiale)
E620 – E621 – E622 – E623 – E624 – E625

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Glutammato di sodio granulare o in cristalli, additivo alimentare E121. Foto: Ragesoss via Wikimedia Commons
 

Oggi è venduto in buste da 1 o più chili ampiamente utilizzate nei peggiori ristoranti etnici, mentre nella cucina italiana ha assunto una forma più subdola: quella del dado da cucina. Oggi si trovano in commercio anche tanti dadi di origine vegetale, dall’immagine più salutista. Ma occhio agli ingredienti perché spessissimo contengono l’E621 esattamente come quelli a base di carne.

La storia del glutammato artificiale è tristemente legata ai ristoranti scadenti che lo aggiungono ai propri piatti per farli sembrare buoni: in polvere, oppure come dado o salsa di soia industriale.

L’esaltatore di sapidità E621 è anche ritenuto responsabile della famigerata Sindrome da ristorante cinese: quel senso di stordimento, a volte un vero e proprio malessere accusato da tanti italiani ai tempi del boom dei ristoranti cinesi. Forse dovuto all’abuso di insaporitori artificiali unito alla pesantezza delle fritture in oli poco salutari. Niente a che vedere con la vera cucina tradizionale cinese, ovviamente!

In realtà secondo Tomaso Papi, ricercatore e creatore del sito www.umami.it, non ci sono prove che il glutammato monosodico artificiale sia dannoso per l’organismo: negli anni si sono tenuti vari studi scientifici che non sono riusciti a dimostrarne i danni sulla salute, per le quantità considerate “normali” all’interno di una dieta.

Ma in ogni caso, “il glutammato che si trova come additivo nei prodotti alimentari è spesso un indice di scarsa qualità delle materie prime, e quindi il consumo di tali prodotti sarebbe sconsigliabile, a favore di quelli che non ne contengono: nei dadi da brodo, nelle carni in scatola, nei piatti pronti, nei prosciutti cotti.” (Sicurezza Alimentare)
 

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Doenjiang in fermentazione (Corea). Foto: Kimdaejeung via Pixabay
 

Umami e salute

I sapori sono qualcosa che diamo per scontato, eppure la loro percezione è strettamente collegata al nostro stato di salute. Viceversa, i sapori possono aiutarci a mangiare più sano e a stare meglio.

A volte quando siamo malati o assumiamo tanti farmaci, facciamo fatica a percepire il gusto dei cibi e ci passa ancora di più la voglia di mangiare.

Di recente ricercatori giapponesi della Tohoku University hanno scoperto che migliorando la percezione dell’umami si può stimolare l’appetito. Lo studio, pubblicato nel 2015 su Flavour, ha coinvolto 44 anziani inappetenti e sottopeso a causa di malattie sistemiche, dei farmaci e forse dell’età.

I pazienti si lamentavano di percepire tutti i cibi come insapori. Dando loro da bere thé kombucha i ricercatori sono riusciti ad ottenere un’aumentata percezione dell’umami e di riflesso una miglior salivazione. Gli anziani hanno iniziato a mangiare di più e a riprendere peso e sono stati meglio, fisicamente e psicologicamente.

Ma ci sono altre notizie buone per la salute!
 

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Pomodori secchi sott’olio: condimento umami tipico del Sud Italia. Foto: Congerdesign via Pixabay
 

Se usi l’umami, potrai mangiare meno salato ma altrettanto saporito. Secondo l’Umami Information Center, con una significativa aggiunta di umami si può ridurre il sale del 30-40% senza perdita di sapore, come dimostrato da Yamaguki e Tagashashi nel 1984.

Se ti stai chiedendo che senso abbia sostituire il sale da cucina (cloruro di sodio) con un altro sale che contiene comunque sodio:
 

Il glutammato monosodico, pur avendo la stessa soglia di percezione del sale da cucina per il gusto salato, contiene meno di un terzo del sodio. (My Personal Trainer)

Alcuni ristoranti giapponesi stanno sperimentando menù a ridotto apporto di sale e alto contenuto di glutammato naturale. Ma in Italia si va anche oltre: lo chef Alfredo Iannaccone propone una cucina totalmente senza sale, che punta ad esaltare il gusto autentico degli ingredienti. Sempre grazie all’umami. Col suo progetto Zen Food Lab.

Se volete scoprire ancora di più sul quinto gusto e il suo utilizzo nella cucina contemporanea – e leggete l’inglese – vi consigliamo di leggere Umami: The Fifth Taste, dello chef Heston Blumenthal e altri autori. Troverete dati scientifici e ricette di chef di altissimo livello.

 

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