In Sardegna i carciofi hanno le spine e per noi Sardi è veramente strano scoprire che esistono delle varietà “senza”.
Il Carciofo Spinoso Sardo è probabilmente il più famoso del suo genere e così particolare da essersi meritato il marchio DOP e un Presidio Slow Food. Il suo profumo, così intenso, nasce grazie alle particolari tecniche di coltivazione e alle condizioni morfologiche e climatiche della Sardegna che gli regalano un gusto a metà strada tra il dolce e l’amarognolo. Ha una forma conica particolarmente snella e compatta e le foglie molto appuntite, di colore verde con sfumature violette e brunastre.
Che poi quelle che spesso chiamiamo foglie sono in realtà i petali, o brattee, e possiedono delle spine giallastre molto dolorose, come anche i gambi, per cui sbucciarli è un’attività poco ambita. Non così mangiarli, sia crudi che cotti, il gambo e anche la testa privata delle foglie, che sono dure, oltre che spinose. Una prerogativa del carciofo sardo è proprio la sua consistenza tenera ma croccante che lo rende buonissimo anche crudo, con olio e sale.
Tradizione e storia del carciofo sardo
Appartenente alla famiglia delle asteracee, questo ortaggio in Sardegna viene chiamato in diversi modi, a seconda della zona: nel Campidano è canciofa (o concioffa), cartzofa (o caltzoffa) nel Logudoro, mentre in Gallura e nel Sassarese viene denominato rispettivamente come sclaciofa e iscaltzofa. Il termine deriva con tutta probabilità dall’arabo kharshuf e condivide la radice con quasi tutte le lingue indoeuropee.
Sebbene non si posseggano fonti certe in merito alla sua introduzione e diffusione nell’isola, la sua coltivazione ha una lunga e antica tradizione nel nostro territorio. Si trovano conferme della sua presenza già a partire dal 1780, data di pubblicazione del trattato sull’agricoltura sarda di un nobile sassarese, Don Andrea Manca dell’Arca. Tuttavia, la coltivazione a scopo commerciale inizia soltanto nel 1920, in modo particolare nelle coste di Sassari e Cagliari, dove i porti permettevano un commercio più attivo con la penisola.
In origine la coltivazione del carciofo veniva effettuata seguendo il suo ciclo naturale. Poi nelle campagne di Bosa venne individuato un nuovo ecotipo spinoso, che consentiva la produzione anticipata in autunno, se irrigato durante il periodo estivo. Il suo successo fu tale che negli anni Quaranta venne introdotto anche nella subregione del Campidano. Gli agricoltori lo migliorarono fino ad ottenere il carciofo spinoso sardo che al giorno d’oggi si trova sulle nostre tavole.
Con il trascorrere del tempo la coltura del carciofo si è evoluta verso un commercio nazionale ed internazionale, arrivando nei mercati più conosciuti della penisola. Tra gli anni Sessanta e Settanta, i carciofi venivano spediti ai mercati del Nord all’interno di grosse ceste di legno, che riuscivano a contenere sino a 300 pezzi. Proprio in quegli anni la vendita di questo ortaggio fu particolarmente redditizia: un singolo carciofo arrivava a costare sino a 40 lire (circa 4 euro odierni).
Le proprietà nutrizionali dei carciofi sardi
Gran parte di questo successo è da attribuire al suo altissimo valore nutritivo. Grande fonte di ferro, potassio, calcio e sali minerali, possiede anche discrete quantità di vitamina A, C, PP e B2. Il carciofo è celebre anche per le sue ingenti quantità di fibra e inulina, uno zucchero che non condiziona l’indice glicemico e che pertanto lo rende un prodotto ideale anche per i diabetici.
Apporta benefici a diversi apparati del nostro organismo, in particolare a quello cardio-circolatorio. Infatti, gli acidi fenolici presenti al suo interno svolgono attività benefiche e prevengono arteriosclerosi e trombosi.
Gli antiossidanti invece sono fondamentali per la prevenzione di tumori e recenti studi hanno dimostrato che non subiscono nessuna modifica, in nessuna modalità di cottura.
Come si riconoscono i carciofi freschi?
Si tratta di uno degli ortaggi più prelibati e, di conseguenza, anche dei più costosi, per cui è importante appurare che sia fresco al momento dell’acquisto. Il vero carciofo spinoso sardo è ben chiuso in punta, le sue foglie non sono appassite, ma anzi presentano un colore molto acceso, quasi brillante, e sono molto fitte. Il capolino deve essere ben sodo, mentre il gambo duro e tagliato di fresco.
Se volete conservarli più a lungo lasciate le foglie e se possibile metteteli in acqua (come i fiori).
Per utilizzarlo in cucina deve essere sottoposto a un’operazione di scarto e mondatura che varia a seconda dell’utilizzo.
Il primo passaggio consiste sempre nell’asportare le foglie più esterne, sino ad arrivare a quelle più chiare e dalla consistenza più tenera. Il gambo, se il carciofo viene consumato a crudo, si conserva quasi interamente, ma si eliminano le fibre più esterne e amarognole.
Il cuore deve essere pulito attraverso l’asportazione della sua peluria interna. Dopo di che viene immerso nell’acqua con abbondante succo di limone, per evitare che si annerisca a causa dell’ossidazione. Questa procedura può essere particolarmente laboriosa, ma alcuni venditori li vendono già puliti e pronti per la cottura, come questi.
Ricetta tipica sarda: carciofi in umido con patate
In cucina il carciofo può essere abbinato in tanti modi: impossibile non citare l’abbinamento carciofi e bottarga, molto apprezzato anche come condimento per pizza.
Qua però vogliamo suggerire una delle ricette più semplici per preparare i carciofi. Può fungere sia da contorno che da portata principale, per un pasto leggero e salutare.
Ingredienti per 4 persone:
• Carciofi sardi: 8
• Patate: 6
• Aglio: 2 spicchi
• Prezzemolo: 1 mazzetto
• Olio d’oliva: ½ bicchiere
• 1 limone
• Sale
Procedimento:
Dopo aver ripulito i carciofi, pelate le patate e tagliatele a pezzi grossi. Preparate un trito di aglio e prezzemolo, per poi versarlo in una casseruola insieme all’olio d’oliva. Fatelo soffriggere per qualche minuto, poi unite i carciofi e lasciateli rosolare.
Unite infine le patate e mescolate il tutto. Versate un due pizzichi di sale e lasciate cuocere, coprendo il tutto con un coperchio, per circa venti minuti.
Sarà necessario controllare ogni tanto la cottura e, qualora fosse necessario, aggiungere un filo d’acqua, tenendo presente però che il risultato finale deve essere asciutto e ben legato.
Servite la ricetta ancora calda, accompagnata magari da un buon bicchiere di vino rosso.