La pompìa è un agrume particolarissimo che cresce solo in Sardegna, ma non in tutta la Sardegna, solo in alcuni paesi della Baronia, una zona costiera molto vicina a Nuoro! Oggi si coltiva soprattutto a Siniscola e nei dintorni, a Posada e Torpè, e un po’ meno ad Orosei e dintorni (Onifai, Irgoli, Galtellì).
Si tratta di una varietà endemica della Sardegna, che fino al 2015 non aveva ancora un nome scientifico pienamente riconosciuto a livello accademico: veniva chiamata Citrus monstruosa, mentre ora è riconosciuta come Citrus limon var. pompia.
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Cos’è la pompìa
Il nome scientifico che aveva fino al 2015 dice tanto: la citrus monstruosa, in effetti, non è un esempio di bellezza.
Si tratta di un agrume di grosse dimensioni, con un peso medio superiore ai 300 grammi e con una forma tondeggiante ma irregolare.
La buccia è spessa e rugosa, di colore giallo intenso, leggermente più scuro negli esemplari più maturi.
La polpa è poco succosa e molto acida, ben più del limone, praticamente immangiabile così com’è.
L’albero fiorisce in aprile e i frutti si raccolgono a mano dalla metà di novembre fino a gennaio.
Se vuoi più informazioni sulla coltivazione e l’habitat di questo strano agrume, dai un’occhiata a questo documento della Laore (Agenzia Regionale Sarda per lo Sviluppo in Agricoltura).
Origine e storia della pompia
È difficile risalire con esattezza alle origini di questo particolare frutto. Secondo gli esperti si tratta di un ibrido naturale tra cedro e limone, o altri agrumi spontanei della regione. Alcuni affermano la possibilità che possa essere un ibrido tra pompelmo e cedro.
La presenza della pompìa è attestata in Sardegna fin dal 1700, come dimostra un saggio sulla biodiversità vegetale e animale della Sardegna, ad opera di Andrea Manca dell’Arca (1780).
Inoltre, nel 1760, una statistica ordinata dal Vicerè parla di alcune coltivazioni di pompìa a Milis, in provincia di Oristano.
Nel Dizionario Angius-Casalis (1833-1856), Siniscola è riconosciuto come centro principale di coltivazione dell’agrume.
È sicuramente uno degli agrumi più rari al mondo: agli inizi degli anni ‘90 erano presenti solo una ventina di piante.
Il rilancio di questo agrume è avvenuto qualche anno dopo per fini sociali, quando il Comune di Siniscola, in collaborazione con il Centro di igiene mentale, ne impiantò una coltivazione estensiva.
Grazie all’unione di 5 produttori, nel 2004 è nato un Presidio Slow Food, con un suo disciplinare che definisce metodi di produzione e provenienza. L’indicazione “SA POMPIA SINISCOLESA” è riservata ai prodotti provenienti dal comprensorio geografico della Baronia e in particolare di Siniscola. I frutti devono provenire dall’area comprendente l’intero territorio amministrativo dei comuni di: Siniscola, Posada, Torpè, Orosei.
A questo punto sono vane le rivendicazioni di altri paesi che vorrebbero aver dato i natali a questo frutto, ma non mancano di tanto in tanto le occasioni di polemica. L’ultima nel 2015 quando un cittadino di Oliena ha messo in dubbio la provenienza originaria del Citrus Limon, ma sui quotidiani gli ha prontamente risposto il presidente della condotta Slow Food di Nuoro.
Sa pompia fa parte dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) della Sardegna, un elenco di specialità tipiche sarde, prodotte con le stesse modalità e negli stessi luoghi da almeno 25 anni.
“Di primavera andremo nelle nostre terre, dove l’erba è alta come l’acqua del mare …e mangeremo il formaggio fresco cotto col miele, e il dolce fatto con i cedri canditi.”
Grazia Deledda – La chiesa della solitudine, 1936
Ricette con la pompia
A Siniscola esistono 2 dolci che vedono come protagonista questo particolare agrume: sa pompìa intrea e s’aranzata.
Questi dolci hanno una cosa in comune, ovvero lunghissimi tempi di lavorazione, addirittura fino a 6 ore!
Con la pompìa vengono inoltre preparati liquori e marmellate. In passato, con la polpa venivano lucidati rame, ottone e oro.
Da uno studio dell’Università di Sassari è inoltre emerso che dalla scorza della pompia è possibile estrarre un olio essenziale con spiccate proprietà antinfiammatorie, antibatteriche e antimicotiche. Le sue applicazioni possono essere utili nell’ambito dei disturbi del sistema gastrointestinale, dell’apparato respiratorio e dell’apparato genitale femminile. Il problema è che per estrarre 1,5 litri di questo olio essenziale sono necessari 500 kg di pompìa!
Ricetta: sa pompìa intrea
Per fare questo dolce bisogna armarsi di pazienza e tempo!
Ingredienti:
• Albedo di Pompia: 12/13
• Miele millefiori: 600/700 grammi
• Zucchero: 1 kg
Bisogna innanzitutto estrarre la parte bianca dell’agrume, chiamata albedo, ovvero ciò che c’è tra la buccia e la polpa.
Per fare ciò dovete togliere la scorza con un pelapatate e poi, con le dita, la polpa, cercando di non danneggiare l’albedo. Ora lessate la parte bianca per una decina di minuti, in acqua già bollente.
A questo punto ci sono due diversi procedimenti:
• Secondo il primo procedimento viene scaldato del miele in una casseruola e vengono immerse gli albedi delle pompie al suo interno. Il tutto viene lasciato cuocere per circa 4-5 ore a fuorco lento.
• Il secondo procedimento prevede invece lo scioglimento di zucchero e miele all’interno di una casseruola. La cottura si aggira sempre sulle 4-5 ore, a fuoco lento.
Trascorse le 5-6 ore, togliete la pompia e lasciatela raffreddare. A questo punto mettete la pompia candita all’interno di barattoli di vetro e riempiteli con lo sciroppo di cottura.
In questo caso si chiama pompìa intrea ma, se riempita di mandorle tritate viene chiamata pompìa prena.
Il gusto de sa pompìa prena risulta dolce, grazie all’abbondante presenza del miele, ma con un retrogusto leggermente amarognolo. Viene servita soprattutto nei matrimoni, rigorosamente sopra una foglia di arancio.
Con la pompìa candita fatta dalle scorze si prepara un piccolo dolce romboidale di cui abbiamo parlato qui: s’arantzata thiniscolesa o aranzada di pompia.