Forma di casizolu a pera su tagliere di legno

Casizolu o Peretta | Il Formaggio Vaccino Sardo

Ebbene si, anche in Sardegna, terra famosa per i pecorini, esistono dei formaggi di mucca… pochi, ma importanti. Il casizolu è probabilmente il più diffuso e conosciuto.

Qui parliamo di:

Indice

Su Casizolu: cos’è?

Il Casizolu è uno dei formaggi sardi più amati e rappresenta un’eccezione nel panorama caseario sardo perché prodotto principalmente con latte vaccino. Questa piccola provola a pasta filata è una specie di caciocavallo, caratterizzato da una strozzatura in alto da cui si forma una piccola testa, che i bambini si contendono perché più saporita del resto. Riconoscibilissimo per la sua forma a pera, in Sardegna viene spesso chiamato peretta, ma in sardo anche tittighedda o figu e in alcune zone casu conzeddu.

Tradizionalmente erano le donne a preparare questo formaggio, modellando a mano ogni singola forma. Dentro le mura delle case, l’arte si tramandava di generazione in generazione, ed ogni famiglia custodiva il proprio segreto. Fare il casizolu non era, e non è tutt’oggi, un lavoro semplice.

Tipico del Montiferru, del Marghine e dell’Altopiano di Abbasanta, la provola sarda è un formaggio fortemente identitario e a marchio PAT, cioè inserito nell’apposito elenco per la tutela dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani. Da sempre viene prodotto con latte intero e solitamente non pastorizzato di mucche allevate prevalentemente al pascolo.

Le sue origini si perdono nella notte dei tempi. Nel Medioevo troviamo però traccia della sua esistenza, in un documento del 1353 che attesta che il mercante pisano Bernardo Rodolfo comprò in Sardegna “una botte di cacio cavalli per lire 10“. In una terra in cui il pecorino la fa da padrone, poteva trattarsi solo del casizolu.

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Come riconoscere il casizolu

casizolu-peretta-sarda-interno-fetta-gialloEsterno e interno del casizolu: crosta e pasta.

 

Esternamente è liscio, di colore giallo, ma con la stagionatura tende a scurirsi  e a sfogliarsi lievemente. La pasta è giallo paglierino, compatta ed elastica e con piccolissime bolle. Col passare del tempo il gusto del formaggio si intensifica, diventando più sapido e piccante. Agli olfatti più esperti ricorda vagamente l’erba verde e il latticello, con sentori di bosco e di foglia.

Può essere gustato sia giovane che stagionato, ideale se servito a tavola accompagnato da vini bianchi aromatici o rossi corposi. Provatelo filante dentro una spianata sarda di Ozieri tostata sulla brace! Oppure abbinato a confetture, miele, frutta in un tagliere di formaggi ben fatto. 

Di questo formaggio sardo vaccino esistono 2 varianti particolari:

  1. Casizolu del Montiferru – Presidio Slow Food
  2. Casizolu di latte di pecora

Il Casizolu del Montiferru

casizolu-montiferru-stagionato-provola-sarda-vaccina
Forma di Casizolu del Montiferru molto stagionata.
 

Protagonista di questa storia è  il Montiferru, una sub-regione del Logudoro sardo che prende il nome dall’omonimo vulcano, spento da più di un milione di anni. Un territorio suggestivo in cui ancora si percepisce la passata attività vulcanica grazie alla presenza di scogliere di basalto lungo tutto  il litorale, di rocce come l’andesite, la riolite e la trachite.  Gli esseri umani non hanno tardato a far propria questa terra ricca di sorgenti, lasciando creando insediamenti e luoghi di culto che risalgono almeno all’epoca nuragica.

I paesi più rappresentativi della tradizione del casizolu del Montiferru sono Bonarcado e Santu Lussurgiu. Qui i produttori si sono riuniti nell’Associazione Produttori Casizolu del Montiferru e hanno redatto un disciplinare di produzione che garantisce tutta la filiera.

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Perché il Casizolu del Montiferru è un presidio Slow Food

Le caratteristiche rare che hanno spinto Slow Food a tutelare questo prodotto con l’istituzione di un presidio sono queste:

•  animali allevati al pascolo brado
•  latte non pastorizzato
(crudo)
•  lavorazione artigianale
•  formatura a mano

Le provole prodotte in questo territorio sono più grandi che nel resto della Sardegna, con pezzature che vanno dai 3 ai 5 chili. Il loro sapore si deve a un territorio molto selvaggio e all’allevamento al pascolo. Le erbe spontanee, la macchia mediterranea di mirti e corbezzoli, insieme alle roverelle, i lecci e gli olivastri donano al latte i propri profumi, anche perché a produrlo due razze bovine particolarmente rustiche che riescono a vivere all’aperto per tutto l’anno: la Melina (Sardo Bruna) e la Sardo Modicana (Bue Rosso).

Oltre al Casizolu del Montiferru classico, oggi vengono prodotte anche alcune particolari varianti aromatizzate al mirto e al limone.

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Il Casizolu di pecora

peretta, provola di pecora a pera con crosta giallo intenso, su tagliere
Peretta di pecora.

 

Il casizolu ovino, chiamato anche piritta o pritta, è come gli altri suoi fratelli un formaggio a pasta filata, ottenuto da latte di pecora e stagionato per almeno sette giorni.

Le pecore sarde vengono allevate al pascolo nelle campagne verdi e soleggiate del Goceano, una subregione appartenente alla provincia di Nuoro, nella parte centro-settentrionale dell’isola. Il latte ovino si utilizza intero e ancora caldo di mungitura viene immediatamente spostato in un paiolo di rame.

Il casizolu di pecora si ottiene con stesso procedimento di quello vaccino e come questo presenta la caratteristica forma a peretta con una strozzatura all’estremità e una testina. La sua crosta è liscia, molto sottile, leggermente giallognola, mentre la sua pasta è di un vivace giallo paglierino, di consistenza media.

È un formaggio grasso, a pasta semidura, che si mangia fresco o dopo una breve stagionatura, magari accompagnato da vini fruttati e non troppo alcolici.

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Come si fa il Casizolu

La sua produzione avviene nel pieno rispetto del ciclo di lattazione delle vacche o delle pecore, in un periodo che va dall’autunno all’inizio dell’estate.

Perché è così difficile creare le provole sarde?
Perché per iniziare la lavorazione bisogna aspettare che il latte fermenti spontaneamente e questo può avvenire a qualsiasi ora, anche nel cuore della notte. E poi, quand’è il momento, si devono modellare le forme a mano nella cagliata bollente.

La cagliata si ottiene dal latte intero, non pastorizzato, che viene riscaldato a 36/38° di solito in recipienti di  rame. Viene principalmente adoperato il caglio di vitello, ma esistono anche delle varianti che prediligono il caglio di  capretto, caratterizzato da un gusto più piccante, o anche il caglio vegetale.  In alcuni casi viene fatto anche un innesto di siero della cagliata precedente.

La cagliata riposa per circa un giorno intero, perché possa acidificarsi spontaneamente. Per avere la certezza che la fermentazione sia avvenuta, occorre riscaldare il formaggio sul fuoco e verificare che diventi filante.  Bisogna attendere il momento perfetto, per poi poter iniziare a lavorarlo nell’acqua calda, quasi bollente.

Si riduce in pezzi la cagliata, che viene poi immersa insieme all’acqua bollente in una tinozza di rame, fin quando la pasta non diventa abbastanza elastica e si riesce a lavorarla con le mani. È questo il momento fatidico della produzione, che regala al formaggio la sua caratteristica forma panciuta, a peretta. A questo punto la provola sarda viene immersa  in salamoia per 10-12 ore.

Una volta estratta va seguita con grande attenzione: dapprima viene disposta su di un panno, in modo da mantenere la forma. In seguito, passati due o tre giorni,viene legata per il collo e lasciata stagionare  ad una  temperatura costante.

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Altri formaggi sardi a pasta filata

In seguito alla filatura della pasta, l’acqua bianca di siero rimasta, detta abbagasu, viene utilizzata come brodo per gustose e profumate minestre al formaggio.
Con la stessa pasta del casizolu è possibile ottenere la trizza e la fresa. La trizza ha una caratteristica forma di treccia e pesa intorno a 1-2 chili.  La fresa invece è una piccola formaggetta dalla forma ovale, molto cremosa, che viene prodotta unicamente in autunno con il latte ricco di grassi delle vacche gravide. Entrambi vanno consumati freschissimi, entro pochi giorni dalla produzione.

 

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