Due bottiglie di Ichnusa, la birra sarda più famosa

Ichnusa: birra sarda?

La Birra Ichnusa non è un prodotto tipico sardo ma è certamente un prodotto iconico della Sardegna. È la birra di gran lunga più bevuta in Sardegna e anche la birra sarda più famosa, sia nell’isola che fuori.

La sua sardità è ampiamente dibattuta da quando l’azienda è diventata olandese e di certo non la si può dimostrare con la provenienza delle materie prime. Ma in Sardegna questa bionda è un vero simbolo d’appartenenza, che nelle calde serate estive offre sollievo e una ventata di freschezza a sardi e turisti.

Ha praticamente creato un monopolio ed è consumata a fiumi: il consumo medio di birra pro capite sardo è più del doppio di quello italiano (62 litri regionali contro i 30 a livello nazionale).

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Indice
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Foto: Claire Rowland via Flickr
 

Ichnusa: significato del nome

Ichnusa (Ichnoussa o Icnussa) significa impronta, orma ed è un termine di origine greca che richiama la caratteristica forma della Sardegna.  

Secondo il mito, la Sardegna fu creata in seguito a un fortissimo diluvio voluto da Zeus per vendicarsi delle azioni dell’uomo.

Rischiando di essere trascinato egli stesso dalle acque che aveva scatenato, il dio fu costretto a poggiare un piede a terra. Finita la tempesta si accorse di aver lasciato un’enorme impronta del suo sandalo: era la Sardegna. 

Zeus decise così di chiamare quella terra Ichnusa, da Ichnos che in greco significa appunto orma, impronta.

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Storia della birra Ichnusa

Sulla storia della birra Ichnusa ci sono alcuni dubbi. La paternità infatti non si sa se sia da attribuire a Giovanni Giorgetti, che nel 1912 avrebbe fondato la “Birraria Ichnusa” oppure ad Amsicora Capra.

Quest’ultimo era proprietario della Vinalcool, una cantina che produceva vini pregiati destinati all’esportazione fondata nel 1860 a Quartu Sant’Elena dal padre Giovan Battista Capra. Nel 1911, visti i gravi danni causati alla produzione vinicola dalla filossera, Amsicora decise di dedicarsi al mercato della birra, fondando il suo birrificio o rilevandolo da Giovanni Giorgetti. Su questo gli storici non sono concordi.

L’inizio non fu dei più semplici: a causa delle due guerre mondiali la produzione venne  interrotta più volte. Ma finalmente nel 1945 l’attività di produzione ripartì e l’Ichnusa divenne presto uno degli esempi di impresa più positivi della Sardegna.

Inizialmente sede e stabilimento dell’Ichnusa si trovano a Cagliari, ma nel 1963 si decide di spostarli in una zona particolarmente ricca di falde acquifere. Nel 1967 la sede si sposta così definitivamente ad Assemini, nel nuovo birrificio dotato, per primo in Italia, di  serbatoi di fermentazione verticali cilindrico/conici.

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Ichnusa Collezione. Fonte foto: Luigi Avaldi via Wikimedia
 

Nel 1986, l’Ichnusa entra a far parte del gruppo Heineken, casa di produzione olandese che ha deciso di puntare fortemente sul marchio sardo. Per sedurre il mercato italiano l’Heineken vuole sfruttare la forza e la riconoscibilità del Made in Sardinia, come dimostra ampiamente lo spot andato in onda nelle televisioni nazionali a partire dal 2017.

Lo spot è stato affidato al regista californiano David Holm e punta a dare un’immagine tradizionale ed identitaria della Sardegna. Una dopo l’altra scorrono le immagini dei murales di Orgosolo, del complesso archeologico di Barumini, dei Mamuthones e dei pastori. Ma protagonista è anche il paesaggio sardo, con la campagna, le coste frastagliate di Alghero, i surfisti che fanno venire voglia di mare. Un’immagine di Sardegna selvaggia, esotica e incontaminata per spingere ex turisti nostalgici (e aspiranti tali) a bere la “bionda sarda” anche nella penisola, in ricordo delle sere d’agosto al bar della spiaggia.

Attualmente la birra Ichnusa commercia 640 mila ettolitri nella sola Sardegna. L’obiettivo dell’Heineken è farla diventare una seconda birra Moretti, birra di origine friulana che nelle mani della multinazionale olandese ha quadruplicato i suoi volumi in 20 anni, giungendo a vendere 2 milioni di ettolitri.

Dal 2012 Ichnusa è sponsor della società di basket della Dinamo Sassari e dal 2016 è tornata ad essere anche sponsor del Cagliari Calcio, con un contratto di 3 anni.

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Premi e riconoscimenti ricevuti dall’Ichnusa

Pur essendo entrata a far parte del gruppo Heineken, l’Ichnusa ha mantenuto inalterate le sue tradizioni di produzione. Questo gli ha permesso di ottenere vari e prestigiosi premi e riconoscimenti a livello internazionale.

Tra questi spiccano le prestigiose “3 stelle” ottenute al Superior Taste Award, riconosciute dall’International Taste & Quality Institute di Bruxelles, nel 2017. Questa certificazione viene conferita solo a prodotti valutati come “eccezionali”, con un punteggio compreso tra il 90 e il 100%. La giuria è composta da 120 Chef e Sommelier appartenenti alle 15 più prestigiose associazioni culinarie di sommellerie.

Inoltre, nel 2015, al Brussels Beer Challenge, l’Ichnusa ha fatto incetta di premi: la classica ha ricevuto il prestigioso Certificato di Eccellenza, mentre la cruda si è aggiudicata la Medaglia d’oro.

Nel 2010, al World Beer Championship di Chicago, la birra sarda ha ricevuto 2 medaglie d’argento nella categoria “Pale Lager, Lager” con l’Ichnusa classica e l’Ichnusa Speciale.

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Foto: Quinn Dombrowski via Flickr
 

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Caratteristiche della birra Ichnusa

Le caratteristiche della birra Ichnusa variano a seconda del tipo. L’azienda produce infatti vari tipi di birra: l’Ichnusa classica, la non filtrata, l’Ichnusa cruda e l’Ichnusa con limone. In passato sono state prodotte altre varianti, tra cui una aromatizzata al mirto, chiamata “Spirtu”. Nel 2002, per festeggiare i 90 anni dalla nascita è stata lanciata una Ichnusa speciale, con la bottiglia verde e l’etichetta blu.

Ichnusa classica

L’Ichnusa classica è probabilmente la bevanda più consumata nei bar della Sardegna. La bottiglia da 66 cl si è sempre prestata molto alla condivisione, al punto che in Sardegna è ormai proverbiale l’espressione 3 bicchieri (ma anche 4!) e un’Ichnusa.

Oggi, specialmente in città, sono molto vendute anche le bottiglie “monodose” da 33 cl, che i sardi chiamano birroncini. Ma si trovano in commercio anche delle bottiglie da 20 cl conosciute in Sardegna col nome di scioppini.

Ichnusa classica è una birra lager di colore dorato, prodotta a bassa fermentazione. Molto gassata, moderatamente amara e poco alcolica (gradazione 4,7%), si serve rigorosamente ghiacciata, idealmente a una temperatura di 3 gradi.

Gli ingredienti sono l’acqua, il malto d’orzo, il tanto contestato malto di mais e il luppolo.

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Foto: Valeria Corso Casale via Wikimedia
 

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Ichnusa Non Filtrata

Ultima arrivata dell’azienda di Assemini, l’Ichnusa non filtrata è diversa  nel gusto e nella forma rispetto alla maggior parte delle birre industriali presenti sul mercato. Con questa birra la Heineken mira ad un target più sofisticato cercando di conquistare anche chi aveva sempre snobbato l’Ichnusa Classica. 

Ancora una volta l’Ichnusa punta tutto sul suo legame con Sardegna, vero o presunto che sia. Il retro della bottiglia riporta la fotografia degli operai che lavorano ogni giorno nello stabilimento di Assemini. L’accattivante design retrò della bottiglia e tutta l’immagine coordinata puntano a rafforzare la sensazione di prodotto artigianale, che la Non Filtrata ovviamente non è. 

Si tratta di una birra corposa, fatta con puro malto d’orzo e un tipo di fermentazione bassa. Il suo tratto distintivo è appunto l’assenza di filtrazione, come suggerisce il nome stesso. Infatti, a fine processo, invece di essere filtrata, viene lasciata decantare naturalmente nei tini di fermentazione.

Questo le conferisce un aspetto velato, leggermente torbido, dovuto ai lieviti rimasti in sospensione. Caratterizzata da un classico colore dorato, offre un aroma fruttato con leggero sentore di luppolo e un gusto moderatamente amaro. La gradazione alcolica è leggermente più alta della classica, 5%, e la temperatura ideale di servizio è sempre sui 3 gradi.

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Ichnusa cruda

L’Ichnusa cruda stata creata per il 100° anniversario dell’Ichnusa, nel 2012. Inizialmente è stata commerciata col nome Jennas, nome ispirato al Gennargentu, la catena montuosa più alta dell’Isola.

Anche questo tipo di birra è una lager, con gusto moderatamente amaro e aroma di fine luppolo. Ha un aspetto limpido, colore dorato e una frizzantezza moderata. Prodotta tramite fermentazione bassa, ha una gradazione alcolica di 4,9%. Anche per la cruda la temperatura ideale di servizio è a 3°.

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Foto: Valeria Corso Casale via Wikimedia
 

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Ichnusa al limone

L’Ichnusa al limone è una birra Radler, ideale per la calura estiva. Lanciata qualche anno fa in concomitanza con l’uscita di birre simili, non sembra aver avuto un grande riscontro.

È a bassa fermentazione e si differenzia notevolmente dalle altre birre dello stabilimento di Assemini per via della presenza del succo di limone.

Presenta un colore paglierino e un leggero gusto di limone con percettibili note amare, date dalla luppolatura. Ha una gradazione alcolica molto bassa, appena 2% e va servita tra i 3 e i 5 gradi.

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Come si fa la birra Ichnusa?

Vi starete sicuramente chiedendo come si fa la birra Ichnusa.

L’ichnusa “classica” ha 4, semplicissimi, ingredienti: lievito, luppolo, malto e acqua.

1. Il processo di lavorazione ha inizio con l’ammostatura, che consiste nella trasformazione del malto in mosto.

2. Successivamente il mosto viene messo in una caldaia e portato ad ebollizione. Nella fase di cottura viene aggiunto il luppolo, che conferisce alla birra il sapore amarognolo.

3. Dopo aver fatto raffreddare il mosto viene aggiunto il lievito per la fermentazione a bassa temperatura, il momento più importante della produzione. I lieviti aggiunti vengono lasciati fermentare per 7 giorni, con una temperatura compresa tra i 7 e i 12 gradi.

4. Dopo la fermentazione inizia la fase di maturazione: la birra viene lasciata a riposo per 3-4 settimane in appositi serbatoi.

5. A questo punto avviene la filtrazione, che consiste nella divisione della parte liquida da quella solida.

6. Per ultima viene eseguita la pastorizzazione: la birra viene portata ad una temperatura di 60 gradi per dare al prodotto maggiore conservabilità eliminando eventuali microrganismi presenti.

7. Infine la birra viene confezionata e si può dare il via alla fase più apprezzata da tutti: la degustazione.

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Foto: Cc0 Public Domain via Pxhere
 

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Non solo birra: il Mondo Ichnusa e altre curiosità

Dal 2008 al 2016 l’Ichnusa ha organizzato un vero e proprio festival musicale, chiamato “Mondo Ichnusa”. Questa kermesse musicale ha visto la presenza dei più grandi protagonisti della scena musicale italiana (tra cui: Litfiba, Negrita, Subsonica, Afterhours, Max Pezzali, ecc.) e ha fatto registrare spesso più di 100 mila presenze.

Fino al 2012 il Mondo Ichnusa è stato ospitato dal lungomare del Poetto, tra Quartu Sant’Elena e Cagliari. Successivamente il festival si è spostato a Marina di Torregrande, in provincia di Oristano, caratterizzato da una posizione più strategica.

Per la prima volta dal 2008, nel 2017 il Mondo Ichnusa non è stato organizzato. La multinazionale olandese ha infatti preferito puntare su un forte aumento della produzione, sacrificando così il Festival. L’Heineken non ha però escluso che in futuro il Mondo Ichnusa torni nelle spiagge sarde, magari con una formula diversa.

L’Ichnusa supporta ogni anno manifestazioni molto sentite dalla comunità isolana, come ad esempio la Cavalcata sarda di Sassari, il Palio di Orgosolo e di Fonni e l’Ardia di Sedilo.

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Foto: Cristiano Cani via Flickr
 

Oltre all’attenzione alla produzione e la costante innovazione che ha reso il birrificio di Assemini tra i più all’avanguardia d’Italia, è degno di nota l’impegno profuso sulla sostenibilità ambientale. Nel corso degli ultimi 4 anni (2013-2017) lo stabilimento asseminese ha infatti ridotto del 49% i kg di CO2 emessi in atmosfera, del 20% i consumi di energia termica, del 10% i consumi di energia elettrica e del 6% i consumi di acqua.

In Sardegna il rapporto con la birra è talmente forte che sono stati coniati termini appositi per i diversi formati: lo scioppino è la bottiglietta da 20 cl, il birroncino quella da 33 cl.

Infine nell’isola si usa servire la cosiddetta Ichnusa bendata: una volta stappata, la birra viene in pratica chiusa di nuovo con un tovagliolino da bar, per evitare che il gas si disperda e la polvere ci finisca dentro (altamente probabile, visto il vento sardo). Questo “rituale” è stato al centro di una campagna di comunicazione lanciata dalla casa produttrice nel 2017: si invitavano i bar della penisola a servire la birra in questo modo, dando loro in cambio una sorta sorta di certificazione: “Qui si beve Ichnusa”.

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